Un viaggio nell'altra America.

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“Maycomb era una città vecchia, ma era vecchia e stanca quando la conobbi io. Nei giorni di pioggia le sue strade si trasformavano in fiumiciattoli di fanghiglia rossa; l’erba cresceva sui marciapiedi, nella piazza il tribunale si afflosciava su se stesso. Allora faceva più caldo, chissà perché: un cane nero soffriva in un giorno d’estate; i muli ossuti attaccati alle mezze automobili rimaste senza benzina durante la Depressione e usate come barrocci cercavano di scacciare le mosche all’ombra soffocante delle querce nella piazza. I colletti duri degli uomini erano già appassiti alle nove del mattino. Le signore facevano un bagno prima di mezzogiorno e uno dopo la siesta delle tre, al calar della notte sembravano pasticcini di tè rammolliti e coperti da una glassa di sudore e di talco dolcemente profumato.”

Così Harper Lee descrive la cittadina di Maycomb ne “Il buio oltre la siepe”, una sonnolenta cittadina dell’Alabama che non esiste sulle carte geografiche ma che l’autrice immagina da qualche parte tra Montgomery, la capitale dello Stato, e il mare. Poco lontano dal Mississippi, il più importante fiume del Nord America, il terzo al mondo per bacino idrografico. La spina dorsale del Paese, the Old Man River. Un taglio verticale, netto e sinuoso, che divide il Paese in un Est e in un Ovest, ma anche in mille altre sfumature cardinali. Si percorre lungo la Interstate 55 da Saint Louis a New Orleans, da un medio corso già largo poco meno di un km al delta paludoso, terra di bayou e di creoli francofoni, di bluesman e di cajun.







Down the Mississippi River. Scorre lenta verso la pesante cappa di calore del Golfo del Messico la storia del Grande Paese, una storia che si è cristallizzata lungo assi longitudinali, sui sentieri dei pionieri e delle diligenze della Overland Mail Company che in due settimane, due volte alla settimana, collegavano la “Porta del West” a San Francisco. Ma da nord a sud il viaggio è diverso. Non si viaggia sulle parallele del sogno americano, verso la terra promessa dove Tom Joad sogna di costruirsi una nuova vita lontano dalla povertà della Grande Depressione. Seguire il Mississippi verso sud è scegliersi una discesa vischiosa nel cuore profondo dell’America che non ti aspetti, che non trovi nei profili Instagram degli amici o nei volumi patinati dei cento viaggi da fare almeno una volta nella vita. La I55 punta soltanto a sud: dal Missouri a Cape Girardeau servono solo poche ore, ma il termometro prende 4, forse anche 5 gradi in agosto. Scendo dall’automobile e i vestiti si appiccicano mentre fotografo i graffiti sulle murate dell’argine del fiume, che raccontano di vapori e di conquista del West.









E poi ancora anse del fiume e calore dall’asfalto ed è Memphis, Tennesse, la patria del rock&roll: B.B. King, Elvis Presley, Jerry Lee Lewis e Johnny Cash hanno registrato qui i loro dischi, in un’anonima palazzina di due piani in mattoni rossi nella periferia della città. È la musica degli schiavi neri della Cotton Belt quella che risuona nelle sale di registrazione del Sun Studio, “The Birthplae of Rock ‘n’ Roll” com’è scritto su tazze e magliette nel piccolo ingresso/biglietteria mentre la guida si lancia in un’esibizione per i turisti che fotografano e applaudono.



Lasciata Memphis la strada porta nel cuore del Delta, dove il Mississippi si perde tra rami morti e paludi senza neppure avvicinarsi alla foce, e dove Rosa Louise Parks e il reverendo Martin Luther King, quasi settant’anni fa, dissero no al sistema segregazionista dell’Alabama. Un museo a Montgomery racconta di quei giorni e del lungo cammino che la comunità nera deve ancora percorrere. Un po’ più a ovest lungo la Route 80 attraverso Selma, sede nel 1965 di una serie di marce di protesta per garantire un vero diritto di voto agli afroamericani. Poi c’é Vicksburg. Di nuovo sul fiume, di nuovo al centro della storia. A Vicksburg nel 1863 il Generale nordista Ulysses Grant pose un assedio di mesi fino alla resa delle truppe confederate. Fu, insieme alla battaglia di Gettysburg combattuta negli stessi giorni, la svolta della Guerra di Secessione. L’estate a Vicksburg è ustionante come sotto le cannonate: umidità, calore, zanzare assediano chiunque provi a scendere dall’auto per raggiungere la riva del fiume e guardarlo dirigersi verso un mare ancora distante.





Sono più di 300 i chilometri che separano Vicksburg da New Orleans e dal mare. Trecento chilometri di bayou, di acque morte, ferme o in lentissimo corso verso il Golfo del Messico e popolate da alligatori, pesci gatto, gamberi e percorse da creoli e cajun su barchette e houseboat. È la gente delle paludi, di origine francese e in molti casi ancora francofona. Gente della Louisiana, fieramente southern.







Ancora a sud attraverso la Bayou County ed è subito New Orleans, con il suo Vieux Carré, il quartiere francese pieno di locali, di musica dal vivo, di ubriachi caracollanti intorno a Bourbon Street e di una povertà strisciante ma onnipresente, ingigantita dal disastro portato ormai quasi vent’anni fa e mai realmente curato dall’uragano Katrina.





Down the Mississippi River è l’altra America. Quella bianca del Midwest destabilizzata dalla grande crisi economica del 2008 e mai ripartita, e quella nera e blue, triste e senza speranza degli Stati del Sud. Quella dei Night Hawks di Edward Hopper e quella dei disperati di Walker Evans e Dorothea Lange in viaggio verso ovest, ormai cent’anni fa. Quella delle migliaia di Tom Joad di ogni epoca che un giorno dopo l’altro camminano lungo i binari della ferrovia andando da qualche parte, da nessuna parte. Senza casa, senza lavoro, senza pace, senza mai tornare indietro.





Testo e fotografie di Emiliano Negrini